Michele Pagano
Ingegnere e Professore


Università 
di Napoli


 
Poche cose come il tetraedro (di cui riportiamo qui affianco un suo schizzo) costituirono un simbolo più significativo della personalità di Michele Pagano. 
 
Il rigore logico che unì i poli dei suoi ragionamenti si unì quasi sempre a un argomentare appassionato. 

Non si trattò quasi mai solo di interconnessioni logiche. 
I poli venivano quasi sempre legati anche da un filo rosso che esprimeva insieme passione e intelligenza. 
Ed é un filo rosso che ancora ci lega a lui.



La Personalità

di Michele Pagano


di Aurelio Ghersi, Pietro Lenza, Bruno Calderoni


Articolo pubblicato sul Bimestrale di Informazione

del Consiglio dell’Ordine degli Ingegneri di Napoli.



Non sono molte le persone che lasciano un’indelebile impronta nella vita di coloro che incontrano: Michele Pagano è sicuramente una di queste, purtroppo recentemente scomparso. La sua fortissima personalità, unitamente al suo rigore morale ed alla sua competenza hanno attirato intorno a lui tanti giovani ingegneri, ai quali ha trasmesso la sua spiccata sensibilità strutturale. Il suo carattere ha generato in chi gli è stato accanto sentimenti sempre decisi, spesso di ammirazione e attaccamento fuori dal comune, ma, a volte, anche di immotivata ostilità. Per gli studenti è sempre stato un mito. Nel famoso “Corso di Complementi di Tecnica delle Costruzioni” era colui che, finalmente, insegnava cose concrete, trasmettendo le sue capacità professionali. Ed era, fin dal primo approccio, una persona “alla mano”, attenta alle esigenze dello studente e pronto a schierarsi, se necessario, dalla sua parte. Per molti quasi un secondo padre, qualcuno sul quale si poteva contare, dal quale tornare anche a distanza di anni sicuri di trovarlo sempre pronto ad ascoltare i propri problemi professionali, ricevendone il suo utile consiglio. Tutti noi ingegneri ricordiamo “il professore” Pagano innanzitutto per l’Edificio in c.a.: il suo approccio metodologico è oggi patrimonio di tutti. In particolare ha avuto il merito di razionalizzarne il progetto, superando l’empirismo anche nella definizione delle situazioni particolari e dei dettagli costruttivi. Il concetto fondamentale di “fascia di comportamento”, da lui sempre sostenuto, costituisce ad esempio una guida sicura per la valutazione di situazioni strutturali incerte, piccole o grandi che siano. La sua “classificazione strutturale” degli edifici va ricordata per l’efficacia della sua chiarezza. In essa l’edificio in c.a. è peraltro visto come la naturale evoluzione storica di quello in muratura. Nell’ambito di tale evoluzione ha avuto anche il merito di evidenziare il buon comportamento strutturale, anche in situazioni sismiche, dell’edificio in muratura dei primi decenni del 900, dotato di impalcati rigidi in c.a.. Tale comportamento ha trovato riconoscimento nella prima norma italiana sulle costruzioni in muratura, il tanto atteso D.M. 20/11/1987, al quale egli ha dato un sostanziale contributo. Ed ancora non va dimenticata la sua grande passione per le coperture a volta, oggi purtroppo trascurate, testimoniata anche da importanti realizzazioni. Sono ancora tanti gli aspetti della sua attività scientifica teorica e sperimentale, sempre fortemente connessa a quella didattica e professionale, che meriterebbero di essere ricordati. Colpisce ad esempio oggi, sfogliando le dispense del Corso di Complementi di Tecnica dei primi anni ’70, come venisse trattato, con semplicità e rigore, il tema oggi così attuale del comportamento non lineare dei telai. Quelle curve derivanti dall’analisi incrementale sono una chiara anticipazione delle “push-over”, divenute oggi uno strumento fondamentale di analisi nell’ingegneria sismica. Nei suoi scritti, scientifici o divulgativi che siano, domina sempre l’approccio alla struttura vista innanzitutto nel suo insieme, per poi successivamente esaminarne le varie parti; mai il viceversa. La complessità e la completezza della sua figura sono il frutto non solo della sua non comune intelligenza ma anche il risultato di una concezione del “Professore Universitario” che si confronta sul campo con la realtà professionale e “porta” a lezione l’esperienza quotidiana di tale attività, la quale peraltro stimola ed è stimolata dalla ricerca scientifica. Questi “valori” oggi sono messi in discussione e fortemente disincentivati; la testimonianza di Michele Pagano invita invece tutti noi ad una più attenta riflessione, che possa portare ad un significativo ripensamento. Noi abbiamo avuto l’opportunità e la fortuna di condividere con lui molti anni della nostra vita. La scelta di lavorare insieme è stata facile, proprio per la forza attrattiva che egli ha sempre esercitato. Collaborare con lui è stato sempre molto stimolante e produttivo, forse un po’ meno facile, proprio per la forza della sua personalità, ma sicuramente ha lasciato in noi un segno indelebile che ci guida nello svolgimento nella nostra attività universitaria e professionale. Nonostante già da diversi anni avesse scelto di allontanarsi dall’attività ufficiale nell’Università, la sua improvvisa scomparsa ci fa sentire oggi tutto il peso della sua mancanza.



“L'ingegnere sa
quello che fa, 
e fa quello che sa"






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